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Autore BATTLE ROYALE di Kinji Fukasaku
Purple

Reg.: 14 Gen 2008
Messaggi: 151
Da: Bermuda (es)
Inviato: 27-01-2008 21:48  
"Batoru Rowaiaru" aka "Battle Royale"

Anno: 2000

Regia: Kingi Fukasaku
Direttore della Fotografia: Katsumi Yanagishima
Montaggio: Hirohide Abe

Screenplay: Kenta fukasaku (liberamente tratto dal romanzo di Koushun Takami)

A game for life? Yes, but The Game of Life, The Game of You.
(Un gioco per la vita? Si, ma è Il gioco Della Vita)

Battle Royale è un opera che, in prima analisi, dipinge il quadro di una società allo sbando, in preda all'anarchia.
Alle soglie del Nuovo Millennio, il Sistema Giapponese è collassato su se stesso, e i giovani sono sottoposti
ad una sorta di Legge Marziale. Gli studenti delle scuole boicottano sistematicamente le lezioni, arrivando a contestare
gli insegnanti stessi in un'escalation che li porta all'atto estremo di ferire od uccidere i propri docenti.
Per far fronte alla situazione, il Governo emana una speciale legge, il 'Millennium Education Reform Act', che comporta
il confinamento forzato di un gruppo di studenti (scelti casualmente) in un'isola deserta, senza possibilità di fuga.
Qui, costretti ad uccidersi a vicenda per sopravvivere (come prescritto dalla legge imposta loro), possono scegliere se agire in gruppo
o come singoli, cercando disperatamente di uscire sani e salvi.
Lo spietato meccanismo del gioco, implica che per vincere, possano utilizzare degli oggetti (identificati col termine generico di "armi") distribuiti in maniera random, ma soprattutto il vincitore potrà essere esclusivamente uno.
Tutti gli altri, dovranno necessariamente perire, per mano degli altri (compagni?!).

Il film naturalmente, si presta a moltissime chiavi di lettura: la prima, più superficiale ed immediata è inscrivibile nella descrizione
della moderna società giapponese (topos e specchio però di molte altre realtà esterne), con tutti i propri stereotipi e le sue contraddizioni.
Ad esempio, la distruzione dello stereotipo che vede il maschio dominante e la donna sottomessa, dove invece nel film sono spesso le
figure femminili a ricoprire ruoli attivi, arrivando ad uccidere con la stessa relativa mancanza di sentimento ascrivibile (sempre come topos) prettamente alla categoria maschile.
Il ruolo di "vittima", il senso di sottomissione alla volontà e desideri maschili, l'incapacità decisionale e la loro dipendenza dal maschio (ancora, topoi della società giapponese e non solo), vengono completamente disintegrati per mezzo della violenza (che mai come in questo lungometraggio non è assolutamente fine a stessa), che ridà voce alle loro rivendicazioni (di esplicitarsi totalmente come esseri umani, di poter esprimere tutto il loro Io in potenza, con i lati positivi e negativi).
Battle Royale pone inoltre costantemente in essere domande riguardanti gli effetti dei più primordiali istinti di sopravvivenza sugli ordinamenti sociali (la stessa formazione di un gruppo, coeso o meno, con regole o senza), le relazioni interpersonali, gli affetti e i sentimenti.

Le figure più interessanti sono senz'altro quelle del professore "Kitano", interpretato dal formidabile "Beat Takeshi Kitano", e dei due ragazzi "chiave", il maschio "Shuya Nanahara" e la femmina "Noriko Nakagawa".
Ai ragazzi che partecipano al sadico gioco, vengono affidati dei numeri identificativi, e non è un caso che Shuiya venga connotato come "boy #15" e Noriko come "girl #15". Il medesimo numero, perchè medesime persone? (ma lo spiegherò meglio in seguito).

Fukasaku sottolinea chiaramente come la via di salvezza (rompendo il paradosso del gioco che vorrebbe "un solo vincitore") dipenda e sia possibile solo attraverso la coesione, la cooperazione dei singoli individui. Un paradosso?

Certo, ma il più grande paradosso ( e la più grande verità assieme) sono insite nel significato stesso di "individuo" : unico perchè inteso come "uno", ma in-divisibile (in-dividuus), non separabile, perciò composto da più parti. Che devono coesistere ed appunto cooperare.
In che modo?
Mediante la crescita interiore, il passaggio all'età adulta: allegorie ne sono quel "corri" pronunciato insistentemente per tutto il film, quei ripetuti "ganbare" (forza!) che indicano appunto il proseguire incessantemente avanti e verso il cammino della conoscenza (di se), quel diventare adulti, filosofia di tutto il film. Questo passaggio doloroso ma essenziale, è osservato, vissuto ed analizzato in Battle Royale sotto molteplici aspetti.
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Purple

Reg.: 14 Gen 2008
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Da: Bermuda (es)
Inviato: 27-01-2008 21:48  
Ecco che qui il film può benissimo ( e si presta penso come pochi, alla luce dei segni e codici assolutamente non casuali) essere sezionato più approfonditamente, mediante le metodologie moderne dell' Analisi Transazionale e gli Stati dell'Io di Berne (assieme all'analisi degli Scripts) e la teoria dell' "Okayness" di Harris.

Il sadico, doloroso gioco di Battle Royale, diventa quindi metafora del Gioco della Vita di ciascuno di noi, quel processo di conoscenza (appunto doloroso ma necessario) che deve traghettare la persona a costituirsi (per vivere nella società in armonia) come individuo, come "Adulto", dove quest'ultimo termine secondo l' A.T. costituisce uno dei tre stati dell'Io che governa, armonizzandoli, gli altri due (sempre necessari!!) di Bambino e Genitore.

Quindi "Individuo"= "Adulto"+"Genitore"+"Bambino". Tutti e tre gli stati dell'Io interagiscono tra loro, e sono in grado di emergere a seconda delle situazioni, restare inespressi o sopiti fino ad un dato momento, o caratterizzare il comportamento di una persona mediante l'esplicitazione univoca e monocroma di uno solo di essi. Sono in sostanza insieme di emozioni, sentimenti, pensieri.

Ma soltanto il raggiungimento dello stadio di Adulto (l'ultimo che si acquisisce in fase temporale durante il percorso di crescita), quello che comporta l'entrata nel campo del razionale, consente, mediante analisi delle informazioni ricevute, di decidere se utilizzare le voci interne di ciascuno di noi provenienti dall'Io Bambino o quelle dell'Io Genitore, scegliendo il comportamento più consono a ciascuna situazione.

3 Stati dell'Io quindi, a formare 1 individuo.
E qui non basterebbero 10 tomi per descrivere le analogie con le figure metaforiche delle triadi che ritroviamo costantemente, a partire da quella religiosa Padre-Figlio-Spirito Santo - e pensare che mi è sempre sembrata un'assurdità l'asserzione (anzi dogma! direbbe Ratz) ecclesiastica "Dio è uno e Trino" - e, per sprofondare all' Inferno Argentiano dopo il Paradiso, quella delle Tre Madri.)
E il divenire Adulto è appunto "Il Gioco della Vita", parafrasando forse impunemente il bellissimo capitolo "A Game Of You" di "Sandman", opera grandiosa del magistrale "Neil Gaiman".

Tale cammino implica sofferenza (dolore, morte - espresso mediante violenza molto esplicita nel film - , travaglio, dubbi, indecisioni), ma è assolutamente obbligato (Battle Royale) e non rimandabile in eterno.

Tutti i ragazzi che partecipano al gioco, così come Kitano (il professore), divengono simbolicamente ed allegoricamente le sfacettature, i riflessi, le tessere di puzzle di una stessa persona, nell'atto del suo divenire adulto.
I Sei Stati dell' IO, in tutta la loro eterogeneità e potenziale espressivo.

- Kitano, nel ruolo apparente di professore (e quindi ascrivibile alla sfera dell'Io del Genitore, colui che dispensa e tramanda valori, morale, ideologie, propriamente il Genitore Normativo sia Postivo nell'atto di ricordare regole e prescrivere valori, sia Negativo nella sua posizione di superiorità e svalutazione dell'altro in quanto rienuto inadeguato), ma anche in quello di Bambino Adattato Negativo (rifugge le proprie responsabilità nell'atto di ignorare le malattia della madre e svaluta se stesso lasciandosi insultare, all'inizio dalla governante di casa al telefono). Non dimentichiamo che il Gioco, il tutto, nasce, come forzatura, obbligo, coercizione da parte di Kitano, durante il "collasso" della Società giapponese, si, ma non potrebbe benissimo identificarsi con il "collasso" metaforico, la crisi interna della persona? Kitano quindi come "trigger", "Starter", nel ruolo di colui che aiuta (obbliga) a perseguire obiettivi comuni. Il Genitore, colui che tramanda parte degli Scripts (in questo caso le regole del gioco).

- I due ragazzi "infiltrati", i vincitori dell'edizione precedente del Gioco, "Shougo Kawada" (boy#5), e "Kazuo Kiriyama" (boy#6) :

"Shougo" nel ruolo di "Genitore Normativo Positivo (dispensa critiche costruttive al fine di raggiungere l'obiettivo di vittoria, l' usicre sani e salvi dalla selva, dal bosco - ancora metafore), ma anche Genitore Affettivo Positivo (insegna, consiglia, sostiene, aiuta) e Negativo (protege troppo, dà aiuto senza delegare, si ritiene indispensabile);
"Kazuo", il Bambino Ribelle, colui che agisce secondo gli istinti, si oppone, ama la trasgressione.

E allora vediamo "Shougo" che si prende cura amorevolmente (come un padre appunto) di "Shuya" e "Noriko": cura loro le ferite, li nutre e dà loro consigli nel momento del bisogno. Le parole sono più che mai rivelatorie, al pari delle immagini, in questo film.
"Shuya" chiede a Shougo " Perchè ci hai aiutati?", e il ragazzo risponde "Mio Padre è un dottore. Potete crederci o meno". In seguito, durante un pasto consumato dai tre e preparato da "Shougo", la ragazza dirà lui: "E' veramente buono!", ricevendo in risposta " Per forza, mio padre è un cuoco". Alla fine, quando i tre si allontanano dall'isola in un'imbarcazione, pilotata sempre da "Shugo", "Shuya" chiede "Ma sai portare anche una barca?", ricevendo come risposta " Certo, mio padre era un pescatore".

"Kazuo" è invece il Bambino Ribelle, uccide senza motivo, per divertimento, sadismo, è la trasfigurazione dell'istinto allo stato puro, anche valido ed indispensabile, ma qui appunto assolutamente senza controllo e quindi distruttivo (non è un caso che sia proprio lui ad uccidere il maggior numero di ragazzi (12 in tutto).
Il regista Fukasaku, durante le scene cruente che coinvolgono Kazuo, opta per una scelta stilistica basata sulla semisoggettiva del ragazzo Killer (il Bmabino Ribelle), in cui compare di quinta la mano che impugna l'arma da fuoco nell'atto di sparare ed uccidere, parafrasando forse i moderni "War Games" in soggettiva ("Doom" et simila").
Trasgressione, senza controllo.

Ancora comunque, pregne di significato sono le parole, i dialoghi pronunciati dai protagonisti.
"Kitano", nel riunire coercitivamente i ragazzi spiegando loro le regole del gioco, dice, in quella che beffardamente potrebbe sembrare un'asserzione ironica,( ma non lo è!!) : "Riprendo in mano di nuovo la Classe B, riprendo il controllo cella Classe, di tutti voi studenti.", con l'augurio "Siamo Amici" (ndr "Facciamo gli Amici, Andiamo D'accordo).
E durante la presentazione alla classe dei due giocatori infiltrati esterni, "Shougo" e "Kazuo", sempre Kitano: "Siate Buoni con loro, Siate gentili", e ancora, quando "Shougo" torna indietro rientrando in aula scontrandosi con "Kazuo" (in una sorta di campo-controcampo nel medesimo quadro) che sta uscendo, si evidenzia la loro dicotomia, il loro rappresentare le figure forse più estreme ma ugualmente indispensabili, Kitano afferma, rivolgendosi alla Classe: "Forse l'avete intuito da soli, ma questi due sono pericolosi".
Il tutto, naturalmente sempre nell'ottica del perseguimento di quello stato di armonia, di accettazione di tutti e 6 i propri stati dell'Io (Genitore Normativo, Genitore Affettivo, Bambino Adattato, Bambino Spontaneo o Naturale, Bambino Diplomatico, Bambino Ribelle) che solo puo' portare al Settimo Stato, quello finale, quello Adulto.

- I due "protagonisti" (naturalmente nell'accezione del termine viste le premesse), "Shuya" il maschio protettivo nei confronti della ragazza, "Noriko", compresso nel ruolo di "Genitore Affettivo" Positivo e Negativo, e "Noriko" forse la personalità più complessa, all'inizio sicuramente nello stato di Bambino Adattato.

Naturalmente, questi Stati cambiano e mutano nel corso della vicenda (così come dev'essere nel processo di crescita ed adattamento alle situazioni che vengono via via delineandosi), ma non è detto che un protagonista "con parvenze adulte" sia per forza un Genitore o un Adulto, così come uno scolaro non possa essere Genitore in base sempre la teoria dell'AT.
Il padre di "Shuya", ad es, non è un Genitore, ma un Bambino, nel ruolo di Bambino Adattato Negativo in tutta la sua inadeguatezza ed incapacità nel prendere decisioni per sè stesso, in quel suo rimandare costantemente le sfide, il passaggio all'età adulta, parafrasato mirabilmente dalla cena al risotorante col figlio, dove, lamentandosi del fatto di essere disoccupato e di non essere un buon padre, reitera per più volte l'atto di rimandare l'ordinazione della cena, incapace di essere parte attiva nella propria vita. (Metafora però del rimandare la Vita, il processo di crescita, quella "coazione a ripetere" indicata da Freud).
E infatti, la sua vicenda culiminerà nell'atto estremo del suicidio.
Ma esprime anche il Bambino Ribelle in quel suo essere nervoso, polemico, in quel suo urlare addosso al cameriere ed imprecare col telefono non funzionante e contro la sua sventurata situazione.

Secondo la teoria dell' "Okayness", questi individui tendono a svalutarsi, considerando se stessi "non OK", e gli altri "OK". "io non sono OK, tu sei OK".
(Gli altri stati secondo Harris sono "Io Sono OK - Tu sei OK", "Io sono OK - tu NON sei OK", "Io NON sono OK - tu sei OK", "Io NON sono OK - tu NON sei OK". In sintesi, OK+ OK+ , OK+ OK- , OK- OK+ , OK- OK- ).

Il Bambino Adattato Negativo, è colui che tende ad incolpare gli altri e mai se stesso ("Non è colpa mia, sono stati gli altri a fare", "Ci provo ma non garantisco che.."), e non è un caso che le vicende di tali figure "terminino" nel corso del film, con l'atto estremo di rinuncia alla vita, la morte, mediante suicidio, l'annullamento consapevole di sè.
Ci sono altri due ragazzi, maschio e femmina, che si gettano in un dirupo, incapaci di affrontare la sfida (della vita) (OK- OK-), all'inizio del Gioco: sono due Bambini Adattati pure loro, Positivo e Negativo : "Mi spiace di non averti potuto aiutare", dice il maschio, e la femmina:" Non ti preoccupare, hai fatto del tuo meglio. Io so solo che non giochero' mai a questo gioco". Il maschio :"Ma non c'e' nessuno che possa aiutarci?", e la femmina: "No, nessuno puo'". Alla fine del dialogo, prendendosi per mano si gettano nel vuoto suicidandosi.


Altre scene sono pregne di significati e significanti:

- l'uccisione di 5 ragazzi da parte di "Kazuo", dove questi, uniti in gruppo e perciò coesi dalle circostanze, dapprima lo circondano, lo temono, lo studiano come "diverso". Lo minacciano con le loro armi (da fuoco e da taglio) schernendolo nel vedere che possiede un "misero" ventaglio, ma "Kazuo", con un gesto rapido quanto inaspettato, si impossessa dell'arma automatica di uno di questi e li uccide tutti, ribaltando la situazione. Un caso? No, i ragazzi sono 6 (come gli Stati dell'IO), "Kazuo" è il Bambino Ribelle, e in questo caso si dimostra che l'istintività puo' giocare (è il caso di dirlo) un ruolo importante e risolutore.

- la bellissima scena del Faro (vermante stupenda nel descrivere in tutta la sua semplicità ed essenzialità il significato metaforico del film) : le 6 ragazze che, cadendo nel vortice del sospetto reciproco, (liberando il Bambino Ribelle perchè non in grado di controllarlo - non sono ancora Adulti), finiscono con l'uccidersi selvaggiamente a vicenda. Prima di morire, una delle 5 asserisce "Siamo tutti idioti, avremmo puotuto sopravvivere tutti". Rimane in vita (perchè nascostasi - ancora fuga) solo "Yuko", la Bambina Adattata che appunto ripete costantemente di fronte ai cadaveri delle ragazze "Non sono stata io", "non è colpa mia", e come da copione si getterà dal faro nell'atto di togliersi la vita. Ma ora "Shuya" sale fino in cima al faro (simbolo di luce e quindi di conoscenza, dipanarsi delle tenebre, scoprire e conoscere l'ombra di se), e comincia ad essere Adulto, perchè... perchè pone lo sguardo al Cielo e si pone una domanda, quel "Perchè" prima sussurrato e poi urlato (il porsi domande appunto rappresenta il primo atto di conoscenza di sè, l'inizio) alla quale pero', non è ancora in grado di dare risposta. Non è ancora (completamente) Adulto.

- le sequenze finali:
anche Kitano ha bisogno di divenire Adulto, essendo compresso nel Ruolo di Genitore e Bambino Adattato, e svela ai tre sopravvissuti, "Shougo", "Noriko" e "Shuya" il dipinto che raffigura l'isola con "Noriko" al centro (circondata da un'Aura) e tutti gli altri ragazzi attorno, dipinti nell'atto morente in tutta la sua crudezza e bestialità (teste mozzate, coltelli che lacerano le carni, corpi stesi immersi in pozze di sangue). Inutile raffigurazione di violenza fine a stessa?
Ancora una volta, inscritta nello stile metalinguistico di tutto il fim, assolutamente no, perchè quale immagine migliore riuscirebbe sinesteticamente a rappresentare il profondo dolre interiore, la sofferenza che tale percorso, tale sfida, tale "gioco della vita" comporta? Ed ecco Kitano, in fase pure lui di divenire, chiedere a "Noriko" di sparargli: la ragazza deve liberarsi, per passare alla fase adulta, dell'immagine del Genitore, deve raggiungere la propria indipendenza, ma ne ha bisogno pure Kitano Genitore e Bambino (è una transazione appunto, un rapporto di interscambio continuo). Ma la ragazza, ancora Bambina, non ce la fa, non riesce ad allontanarsi da tale figura che per Lei è pur sempre amorevole, ed allora ecco che è il ragazzo, "Shuya", a premere il grilletto, "uccidendolo". Ma il processo non è ancora compiuto: "Kitano", sebbene crivellato di colpi e giacente al suolo in apparenza senza vita, si rialza nello stupore dei tre al trillo del proprio cellulare e va a sedersi per rispondere. Ecco allora il manifestarsi del Bambino Ribelle di "Kitano", quell'atto di ribellione che lo porta per la prima volta a replicare di dovere all'interlocutrice telefonica che gli chiede di tornare a casa (di non staccarsi pure lui dal nido materno, di non crescere) e di scaraventare e terra il telefono urlando "Ti ho detto che non tornerò più a casa!...... Sarei irresponsabile? Ma chi Diavolo te l'ha chiesto!".

Quando i tre ragazzi si allontanano dall'isola con l'imbarcazione, "Noriko" esclama, guardando l'Isola distanziarsi sempre più: "E' bellissima... anche se è dove sono morti tutti quanti" (il guardarsi indietro senza recriminazioni, anzi, riconoscendo alla fine il momento di crisi, di confronto, di crescita, come doloroso ma essenziale ed appunto meraviglioso).
"Shougo", l'ultimo Genitore rimasto esce poi dalla cabina di pilotaggio (ed ora a pilotare è "Shuya"), e ferito, muore assistito dai due.

Finalmente, l'atto di separazione dai genitori, il processo di dipendenza è compiuto, ed i due, ormai Adulti, possono intraprendere ancor il loro cammino, sempre avanti.

Le ultime frasi del film, riferite al pensiero di Shuya mentre cammina dritto per strada tenendo per mano "Shuya": "Non abbiamo scelta, tranne quella di continuare ad andare avanti". "Corriamo Noriko".
Lei risponde: "Si".

Ancora un pensiero di "Shuya": Non importa quanto lontano, corri per tutto ciò che vale. Corri!".


Che altro posso dire: ci sarebbero molte altre figure interessanti (personalmente ho adorato "Mitsuko" e la bellissima, per me, Chiaki Kuriyama nel ruolo di Chigusa) e tanto altro da dire.


Mi piacerebbe che intevenissero soprattutto gli studenti di psicologia e/o filosofia, visto che magari loro, avendo intrapreso questi studi da molto, possono senz'altro fornire correzioni (e penso ce ne siano molte, visto che sono un neofita di AT, ma mi affascina molto), suggeriemnti, spunti, ulteriori interpretazioni (perchè sono quelle che interessano!!).


Vi sono tantissime torie e metodologie d'indagine, ma penso che, supposto il pieno rispetto dell'Arte e soprattutto dell'Artista, è nel confronto, nella scoperta ed accettazione della loro eterogeneità il vero arricchimento interiore.

Voglio solo aggiungere una cosa : non ho letto il romanzo da cui è tratto il film, ma Fukasaku IMHO è riuscito magistralmente nel tentativo di tradurre, in un linguaggio penso comprensibilissimo ai giovanissimi (fruitori principali di Battle Royale... ma non solo loro!!), una tematica esiziale, per chi si appresta ad affrontare questo passaggio in età (immagino soprattutto) giovanile, dove purtroppo le idee sono spesso le più confuse.
E mi rammarico però nel vedere sempre all'opera la bieca, stupida, gretta censura nell'atto di bollare un'opera simile come prettamente violenta e diseducativa (addirittura, quando l'intento è il contrario!!), fermandosi all'esteriorità, alla teatralità della rappresentazione della Morte che, lo ripeto, secondo me ha proprio una finalità invece ben precisa.
E' come guardare il quadro dipinto (veramente) da Kitano e leggervi solo pennellate di violenza, restando ciechi (anzi, strappandosi proprio gli occhi) di fronte alla poesia, al soffio di vita che un siffatto segno artistico comunica.

A chi sa ascoltare, a chi sa vedere "oltre" e distante, come Noriko, dotata nel gioco di un... cannocchiale.
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Deeproad

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Inviato: 27-01-2008 22:15  
quote:
In data 2008-01-27 21:48, Purple scrive:
E mi rammarico però nel vedere sempre all'opera la bieca, stupida, gretta censura nell'atto di bollare un'opera simile come prettamente violenta e diseducativa (addirittura, quando l'intento è il contrario!!), fermandosi all'esteriorità, alla teatralità della rappresentazione della Morte che, lo ripeto, secondo me ha proprio una finalità invece ben precisa.



E' un problema che riguarda da vicino certo modo di esprimersi prettamente orientale. Il più delle volte, al di là della violenza o comunque degli estremismi, si cela un messaggio fondamentalmente positivo, se non proprio educativo. Anzi, la violenza, la sofferenza e il dolore rappresentano quasi sempre le tappe di un percorso necessario al raggiungimento di una consapevolezza reale del proprio essere. Da questo punto di vista gli orientali sono molto concreti e realisti, laddove noi ci ostiniamo invano a voler preservare una condizione di artefatto benessere interiore. Ma è un atteggiamento, il nostro, che in fondo potrebbe tradursi in una sorta di infantile rinuncia alla vita.

Mi sarebbe piaciuto poter intervenire su altri aspetti maggiormente inerenti al film (che tra parentesi mi è piaciuto moltissimo), ma è passato troppo tempo da quando lo vidi e i miei ricordi hanno una durata di conservazione assai limitata nel tempo.
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Purple

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Inviato: 27-01-2008 22:23  
quote:
In data 2008-01-27 22:15, Deeproad scrive:
Anzi, la violenza, la sofferenza e il dolore rappresentano quasi sempre le tappe di un percorso necessario al raggiungimento di una consapevolezza reale del proprio essere. Da questo punto di vista gli orientali sono molto concreti e realisti, laddove noi ci ostiniamo invano a voler preservare una condizione di artefatto benessere interiore. Ma è un atteggiamento, il nostro, che in fondo potrebbe tradursi in una sorta di infantile rinuncia alla vita.



Si, d'accordissimo, ma ci siamo forse dimenticati che questi insegnamenti provengono (per quello che riguarda noi Occidentali) dal Mito Greco.

Concordo per quanto riguarda una maggior attenzione culturale orientale nei riguardi dell' introspezione interiore, specialmente grazie alla meditazione.

Comunque, se ti capitasse, riguardalo, ne vale la pena. E sella il Mulo!

Cmq, cambiando completamente argomento, ci sono moltissimi segni, stili e sequenze riprese da Tarantino in Kill Bill, soprattutto le scene di "Chigusa" (la cui attrice poi ha girato il primo capitolo nel ruolo di Go Go Yubari....), su cui sarebbe interessante discutere.
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Deeproad

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Inviato: 27-01-2008 22:27  
quote:
In data 2008-01-27 22:23, Purple scrive:
Comunque, se ti capitasse, riguardalo, ne vale la pena. E sella il Mulo!



Se è per quello l'ho pure già cavalcato. Devo solo trovare un attimo per riguardarlo. Anche perché quando lo vidi anni fa era purtroppo provvisto di sottotitoli indegni. Quasi quasi si capiva meglio il giapponese.
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Indhja

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Da: Firenze (FI)
Inviato: 28-01-2008 00:23  
E' un film che mi ha toccato molto.
Il senso di tabù e di estremo, nonchè di sottile non-detto cambia molto da Oriente a Occidente. Io ho trovato il film appunto molto realista e molto profondo.Ho apprezzato particolarmente la tragicità e la rassegnazione alla situazione, nel senso di dover accettare di sopravvivere così. Ma c'è lotta e un grande amore per la vita. C'è speranza nel fatalismo della situazione.
E' notevole anche il significato di catarsi che la società esige dal futuro e dalle nuove generazioni, epicamente crudele.
I sottotitoli non rendono anche perchè non possono farci entrare in quell'atmosfera che, già lontana da noi per motivi storici e culturali che fanno parte della nostra società, si percepiscono da un uso programmato di parole e pause.
Io ho visto pure il secondo ma preferisco il primo, più veloce e più immediato. Il secondo capitolo è più una spiegazione e un dialogo sul primo, non lo reputo indipendente e neppure della stessa efficacia, molto prolisso.
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Indhja

Reg.: 25 Ago 2005
Messaggi: 545
Da: Firenze (FI)
Inviato: 28-01-2008 10:50  
Usare Kitano come professore è un omaggio vero e proprio

[ Questo messaggio è stato modificato da: Indhja il 28-01-2008 alle 11:03 ]

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 04-08-2008 16:29  
interessante quanto scritto. Il film è veramente bello, ma sono piuttosto scettico sulle varie interpretazione suggerito da purple: forzate? Non so. Magari potrebbe essere un "semplice" profetico ritratto sociale, messo in scena senza troppi sottotesti e con una violenza latu sensu intesa, non prettamente fisica, che passa simbolicamente il testimone scomodo della condizione umana totalmente negativa da un ragazzo ad un altro.
Complesso forse, ma va dritto al dunque senza troppi arpeggi, disturbando lo spettatore non tanto con le poche - contrariamente a quanto potrebbe suggerire la trama - scene sanguinolente, ma con la cinica aplomb dei killer in erba. Più che atterrire lo spettatore, la pellicola dà un importante dose di messaggi su cui riflettere. Sta a noi tutti valutare, nel proprio io, ciò che può essere indispensabile per una "evoluzione sostenibile".
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MARQUEZ

Reg.: 23 Feb 2006
Messaggi: 2117
Da: Firenze (FI)
Inviato: 05-08-2008 15:30  
quote:
In data 2008-08-04 16:29, oronzocana scrive:
interessante quanto scritto. Il film è veramente bello, ma sono piuttosto scettico sulle varie interpretazione suggerito da purple: forzate? Non so. Magari potrebbe essere un "semplice" profetico ritratto sociale, messo in scena senza troppi sottotesti e con una violenza latu sensu intesa, non prettamente fisica, che passa simbolicamente il testimone scomodo della condizione umana totalmente negativa da un ragazzo ad un altro.
Complesso forse, ma va dritto al dunque senza troppi arpeggi, disturbando lo spettatore non tanto con le poche - contrariamente a quanto potrebbe suggerire la trama - scene sanguinolente, ma con la cinica aplomb dei killer in erba. Più che atterrire lo spettatore, la pellicola dà un importante dose di messaggi su cui riflettere. Sta a noi tutti valutare, nel proprio io, ciò che può essere indispensabile per una "evoluzione sostenibile".



Sì anche io non condivido granché le interpretazioni di Purple. Bel film.
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«E' vietato fare la cacca per terra, giusto? Bene, la pubblicità è come la cacca: puzza e fa schifo…».
Piergiorgio Odifreddi

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